Scena vuota: i preparativi per una "foto di famiglia" dei leader Ue

Cercansi leader, urgentemente

Di fronte alla crisi dell'euro, i leader politici mondiali sembrano paralizzati o, peggio, irresponsabili. Invece, una situazione economica così grave avrebbe bisogno di capi di governo decisamente più intraprendenti.

Pubblicato il 8 Agosto 2011 alle 14:49
Scena vuota: i preparativi per una "foto di famiglia" dei leader Ue

Ormai è chiaro, questa crisi ha bisogno di veri leader per essere risolta. Ma dove trovarli? Come fare a mettere tutti d'accordo? Nei giorni dell'apocalisse finanziaria queste domande ci mettono di fronte a nuove difficoltà. "Domani sarà meglio di oggi", recita un dogma del pensiero democratico. Ma forse le cose non stanno sempre così.

Capitalisti, socialisti e liberali, nonostante i diversi approcci ideologici, sono uniti da un principio comune: l'idea di un progresso lineare della civiltà umana, la convinzione (raramente enunciata perché raramente contestata) che le cose possano solo migliorare, o quantomeno, anche quando sembra che non sia così, che basti scegliere le politiche corrette per tornare sulla retta via.

Secondo questo principio, ogni peggioramento è visto come una sconfitta, una buona ragione per condannare una classe politica responsabile di aver scelto la strada sbagliata ed eleggerne una nuova nella speranza che il cambiamento sia fruttuoso. La normalità sarà ripristinata a breve. Risolveremo il problema. Forse adotteremo una nuova tattica e continueremo la marcia verso il nostro radioso avvenire.

Una sola sentenza ci attende: il declino

Per secoli l'occidente ha applicato questa regola e la maggior parte delle volte ha avuto ragione. Forse funzionerà anche stavolta. La scienza e la tecnologia continuano a fare passi da gigante. Nei paesi sviluppati l'aspettativa di vita è più alta di quanto non lo sia mai stata. La maggior parte delle persone conduce una vita piacevole.

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Ma la ricchezza di un'élite europea, in vacanza mentre tutto va a rotoli, nasconde a mala pena una realtà inquietante. È possibile che niente riesca a salvarci dalla paralisi: nessun summit del G7 e nessuna telefonata tra i leader mondiali, non un discorso toccante di Barack Obama e nemmeno la brillante calma di David Cameron. In molti continuano a pensare che la crisi finanziaria richieda una serie di risposte politiche complesse in grado di rimettere in sesto l'economia del pianeta e stimolare la crescita. Ma il timore reale è che non ci sia niente da fare, che il giudizio potrà al massimo essere rinviato ma la sentenza arriverà comunque e sarà una sola: il declino.

Cosa ci aspettiamo dai nostri leader politici una volta rientrati dalle vacanze? Che trovino una soluzione al tracollo finanziario, ovvio. Sì, ma in che modo? Aumentando le tasse o abbassandole? Attraverso nuovi provvedimenti d'austerity o incentivando il consumo? Assecondando i mercati o sfidandoli apertamente? Naturalmente, non si riesce a mettersi d'accordo.

Ma c'è di peggio: le possibili soluzioni non sono sostenute convintamente nemmeno da chi le propone. Il mondo soffre di una spaventosa mancanza di idee brillanti, di qualcuno che arrivi e dica "Ehi, ecco come si fa". Non arriva nessuno, e il silenzio fa sempre più paura. Ieri, i leader dell'eurozona sono tornati a parlare. Oggi potrebbero decidere di comprare qualche bond italiano e magari placare temporaneamente i mercati. Ma tutto ciò non farà altro che trascinarci verso il prossimo disastro. Vogliamo un governo e abbiamo bisogno di un governo, ma forse sbagliamo a pensare che un governo sarà sempre in grado di proteggerci.

"Ai migliori manca ogni convinzione"

Naturalmente, non è nell'interesse dei politici promettere agli elettori un futuro peggiore. La democrazia si basa sulla proposta agli elettori di diversi scenari rosei. Quando gli storici esamineranno l'epoca che stiamo vivendo, sottolineeranno soprattutto l'assenza di eroi politici. Nessuno sembra in grado di trasformare il disastro attuale in un sentimento di fiducia nelle possibilità del futuro.

Nemmeno Obama, che pure resta la personalità più vicina al modello di leader su cui il mondo può contare. Siamo circondati da politici che si sono autoconvinti che non c'è niente da fare per salvare i loro popoli dalla crisi. Venerdì sera dall'ufficio di Angela Merkel è arrivata una dichiarazione: "La colpa è dei mercati, e quindi sono i mercati che devono riparare". Questa è la presa di posizione dell'unico paese europeo che disporrebbe delle risorse economiche per combattere la crisi.

Qualcuno dirà che si tratta di uno scandalo e che le strutture dell'Europa sono ormai a pezzi. È vero. Qualcuno potrebbe dire che i mercati sono crudeli e irresponsabili. Anche questo è vero. Ma il cammino che potrebbe salvarci dal disastro totale è costellato da tappe dolorose e provvedimenti impopolari: aumento delle tasse, taglio alla spesa, impoverimento controllato di popoli abituati a credere in un futuro sempre migliore. Non sorprende che i politici si tirino indietro.

Cinque secoli fa in Europa, cattolici e protestanti lottavano per definire la via verso la salvezza. Entrambe le fazioni pensavano di conoscere le risposte a tutte le domande. Due secoli fa, sulla scia della rivoluzione francese, conservatori e radicali combattevano per il controllo di un futuro che entrambi gli schieramenti credevano di poter rendere migliore.

Nel secolo scorso gli alfieri del libero mercato si scontravano con gli apostoli di Marx e ancora una volta tutti erano sicuri di conoscere il rimedio per ogni male del loro mondo. La crisi che nell'estate 2011 sta sconvolgendo il mondo non è meno spaventosa o pericolosa di quelle precedenti. Ma quello che manca è una leadership, non tanto di persone quanto di idee. Ai migliori, come diceva Yeats, manca ogni convinzione. (Traduzione di Andrea Sparacino)

Tribuna

Ridateci Clinton, Blair e Kohl!

"Dopo la grande recessione del 2008-2009, due cose ci si doveva aspettare dai leader dell'Occidente", scrive sul Corriere della Sera Alberto Alesina: "Primo: il riconoscimento della gravità della situazione e la dimostrazione di voler e saper affrontare i problemi con urgenza e non rimandarli. Secondo: la capacità di ricucire contrasti e interessi di parte per favorire il bene comune. La classe politica dell'occidente, al di qua e al di là dell'Atlantico, ha fallito su entrambi i punti e passerà alla storia come, collettivamente, una delle peggiori del secondo dopoguerra".

L'economista liberista italiano rimprovera alla classe politica europea e americana un'evidente mancanza di lungimiranza:

"In Europa un anno fa si sarebbe dovuta risolvere in un modo o nell'altro, ma radicalmente, la crisi greca con un ripudio o con un bailout (salvataggio) totale. E invece i leader (si fa per dire) europei si sono dilaniati in discussioni che nulla hanno fatto se non trascinare i mercati nel caos. La vera crisi fiscale è lo tsunami causato dall'invecchiamento della popolazione. Ne parla qualche politico? Certo che no: è troppo costoso, gli anziani (attuali e quelli che lo saranno a breve) sono una fonte di voti critica, mentre le generazioni future non votano, quindi non contano per questa mediocre leadership che la storia condannerà come non all'altezza dei problemi, gravi e complessi che abbiamo di fronte".

"In Europa i leader dei paesi a rischio non hanno trovato di meglio che accusare i tedeschi per nascondere le loro manchevolezze. I francesi hanno cavalcato questi sentimenti visto che il deficit pubblico francese fa paura e prima o poi i mercati se ne accorgeranno. La Merkel ha dimostrato di capire poco di mercati finanziari e le sue prese di posizione erratiche non hanno aiutato".

Insomma, conclude Alesina: "Ridateci Einaudi, De Gasperi, Thatcher, Reagan, Clinton, Blair e Kohl prima che sia troppo tardi".

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