Madrid, maggio 2011. "Gioventù senza futuro". Un manichino in piazza della Puerta del Sol.

La violenza dei viziati

In tutta Europa si moltiplicano i movimenti di protesta giovanili. A Londra gli emarginati hanno seminato la devastazione. Le nuove generazioni non vogliono rendersi conto che i tempi sono cambiati.

Pubblicato il 25 Agosto 2011 alle 14:51
Madrid, maggio 2011. "Gioventù senza futuro". Un manichino in piazza della Puerta del Sol.

Un investitore cinese o indiano oberato da parecchi milioni di dollari o di euro, che di questi tempi si recasse in Europa per trovare come e dove investire i propri bigliettoni, scoprirebbe un continente nel quale, dopo anni di tranquillità, è tornato a regnare un clima politico e sociale alquanto teso.

Londra è stata sconvolta dalle sommosse scatenate dalla morte di un giovane di 29 anni, probabilmente un delinquente. Durante questi disordini non si sono viste insegne né bandiere. Obiettivi dei disordini, a quanto pare, erano solo il saccheggio e la devastazione. Nella notte che ha fatto seguito alle prime violenze londinesi si è cercato di dare una dimensione politica a queste azioni criminali. Ben presto si è raggiunto un certo consenso: le chiamate alla sommossa organizzate su Twitter erano opera di semplici emarginati, creati dall’insensibile politica di austerity di Tory e Libdem.

Ed eccoli di ritorno, dunque, i commentatori e gli esperti con la pretesa di aver sempre saputo che l’unico modo di evitare questo tipo di disordini era di offrire più mezzi. E, come al solito, c’è chi insinua che ormai c'è da aspettarsi un profluvio di episodi di questo tipo se il governo britannico portasse avanti, così com’è, la sua politica del rigore. La reazione dei deputati laburisti legati ai quartieri a rischio è diversa: non danno prova di indulgenza alcuna per le violenze, definendo gli incendiari per quello che sono veramente, dei delinquenti.

I disordini londinesi sono una forma della violenza hooligan dei perdenti di una società che fa poco caso ai reietti e agli emarginati. Tra gli incendiari vi sono persone che non hanno più valori. Sono abituati a ricevere i soldi dello stato e si lamentano quando i loro sussidi sono abbassati. Una moltitudine di europei, tra i quali moltissimi giovani, potrebbero a breve ritrovarsi alle prese con questo problema. Tutti i paesi europei hanno vissuto al di sopra dei propri mezzi, e dovranno stringere la cinghia. Ciò segnerà la fine di una delle illusioni dell’Unione, l’idea che in un’Europa prospera e benestante tutto si aggiusta, sempre, senza faticare più di tanto. La pace degli ultimi 66 anni ha avuto un prezzo: la generosità dello stato sociale. Oggi tutto ciò è bruscamente finito.

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Questo genere di disordini tra giovani che non capiscono che la loro generazione vive molto meglio di qualsiasi altra l’abbia preceduta, rivela tutta la loro preoccupazione e il loro immobilismo. Ovunque nel mondo, negli stati ricchi come in quelli in via di sviluppo, si cerca personale qualificato. Gli sbocchi lavorativi per giovani ben formati e istruiti non sono mai stati altrettanto numerosi. Tutto ciò che si chiede loro è di essere curiosi, adattabili, con il gusto per l’avventura. Tutte qualità che scarseggiano in questa insoddisfatta gioventù.

Mano alla scopa

Quando le proteste chiedono un’offerta formativa più completa per migliorare le prospettive di tutti, sono giustificate e legittime. In Italia e in Spagna il tasso di disoccupazione ha raggiunto cifre molto alte: l’orizzonte dei giovani è sempre più ristretto. Questi giovani aspirano agli stessi privilegi speciali di cui ha beneficiato la generazione dei loro genitori, e non comprendono che è proprio il mantenimento di simili privilegi a ostacolare il loro accesso al mercato regolare del lavoro.

A Madrid e ad Atene coloro che manifestano troppo spesso sono proprio coloro che non hanno alcun progetto di vita, che si accontentano di respingere sistematicamente tutto ciò che la politica propone loro. E ciò li avvicina, di conseguenza, a quei giovani che a Londra devastano i loro stessi quartieri e uccidono i loro stessi vicini.

L’Europa ha bisogno di uno scenario positivo per convincere il resto del mondo della sua stessa praticabilità. È dunque una grande responsabilità quella che incombe sui giovani, soprattutto nel momento in cui la situazione demografica si fa più difficile. La stragrande maggioranza dei giovani europei ha optato per il pragmatismo, nel senso migliore del termine - un pragmatismo non eroico ma responsabile - e di conseguenza arricchisce il curriculum, parla più lingue straniere e parte volentieri a proseguire gli studi all’estero.

Nei disordini che agitano l’Europa da qualche mese a questa parte non dobbiamo vedere un movimento di emancipazione, bensì le vestigia di quella vecchia Europa che ha avuto grandi ambizioni ma poco spirito d’iniziativa, e che evita accuratamente di riconoscere le realtà economiche. Prima che l’investitore cinese o di Singapore riparta scuotendo la testa, avrà visto in televisione un futuro per l’Europa: un esercito di giovani che impugna la scopa e ripulisce le strade di Londra. Perché è meglio agire che lamentarsi. (traduzione di Anna Bissanti)

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