Un'immagine di "Tuukrid Vihmas", di Priit Pärn.

Depressione baltica

Fin dall'indipendenza la cultura estone sembra capace di produrre solo opere cupe e pesanti. Frutto del carattere nazionale, ma anche della distanza tra artisti e pubblico. 

Pubblicato il 19 Settembre 2011 alle 14:11
© 2010 Eesti Joonisfilm  | Un'immagine di "Tuukrid Vihmas", di Priit Pärn.

Nonostante qualche barlume di speranza, le creazioni dei nostri grandi maestri del cinema, Veiko Õunpuu e Sulev Keedus, sono fondamentalmente tristi. Una sentimento che caratterizza anche i nostri film d'animazione, molto apprezzati a livello internazionale. Tanto le creazioni classiche che quelle degli autori contemporanei sono disperate e cupe. Ma la vita è veramente così triste come la descrivono?

Un grande classico della letteratura estone come Tammsaare, che descrive la dura vita dei contadini, i quadri scuri del pittore Kristjan Raud e gli oratori di Rudolf Tobias sono solo alcuni esempi che confermano questa opinione. Nessuno mette in discussione la qualità artistica della cultura estone, ci si può solo interrogare sull'origine di questa melanconia che sembra dominarla. Abbiamo avuto anche molti comici, come Andrus Kivirähk, ma si sente ovunque un'angoscia tipicamente estone. La cultura estone è veramente così malinconica?

Per ragioni storiche il pessimismo e la melanconia sono quasi connaturate alla cultura estone. Le lunghe notti d'inverno che durano la metà dell'anno rendono gli estoni passivi e nostalgici, mentre in estate la siccità non è certo gradevole.

I volti stanchi che si incontrano negli autobus non sembrano aspettarsi altro che la descrizione della loro vita quotidiana. Non dovrebbe essere invece proprio la cultura a offrire loro speranza e sollievo? Non penso necessariamente a opere comiche, musicisti di strada e graffiti ironici. Basterebbe trattare gli argomenti seri in modo più leggero.

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Non dimentichiamo che lo scopo dell'arte non è solo mostrare problemi, ma anche offrire un aiuto. Il pubblico legge/ascolta/guarda e cerca di identificarsi con le opere. Secondo Umberto Eco, ogni autore dovrebbe aver il suo "lettore modello" o il suo gruppo di riferimento. Ma in Estonia gli autori non sembrano capire le aspettative e indulgono una forma di snobismo nei confronti del pubblico, troppo ignorante per capire la loro arte.

La cultura estone è abbastanza complessa da soddisfare i gusti più diversi. È soprattutto l'impressione generale a essere piuttosto cupa, quanto meno se la si compara con la cultura finlandese. Se l'Estonia fosse come la Finlandia, che non ha conosciuto l'occupazione sovietica, gli estoni potrebbero trattare, come fanno il regista finlandese Aki Kaurismäki o lo scrittore Juha Vuorinen, la depressione quotidiana con un po' più di umorismo.

Certo la vita non è solo bere sangria nei cortili della città vecchia o ascoltare la musica a finestra aperta, ma la cultura estone non deve necessariamente limitarsi a riprendere l'attualità che ascoltiamo o vediamo tutti i giorni, già abbastanza deprimente di per sé. (traduzione di Andrea De Ritis)

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