Ridere all’inferno

Dopo oltre due anni di austerity e sacrifici, il paese ha fatto registrare il più forte aumento del tasso di suicidi al mondo. Ma c'è ancora chi ha la forza di scherzare.

Pubblicato il 27 Settembre 2011 alle 15:47

Ride. Sì, se ne vedono ancora di persone che al bar ridono. Molte caffetterie riescono addirittura a fare il pieno di clienti. Andare al bar o al caffè è una forma di ribellione contro quelle giornate che ti fanno impazzire, contro quelle mattine in cui, appena ti svegli, sai già che ti ritroverai un po’ più giù nel tunnel rispetto al giorno prima e sentirai aumentare un po’ di più il panico.

Se ne stanno seduti davanti a un espresso e a un bicchier d’acqua, spesso per ore, con lo sguardo fisso su quella città sempre più estranea, in quel paese che viene meno. “Voi tedeschi andate a cercar funghi nei boschi, noi greci andiamo al bar. È l’unica cosa che ci rimane”, sbotta Ersi Georgiadou, una che conosce bene i tedeschi, visto che ne insegna la lingua ai suoi connazionali – cosa del resto meno facile che un tempo. Quest’anno, alla riapertura delle scuole, i suoi alunni che non avevano il libro di testo hanno ricevuto un cd e ora si stampano da soli i primi capitoli o si procurano le fotocopie.

Ersi si prende la testa tra le mani e scoppia a ridere. È una risata di disperazione. Ormai deve convivere con l’idea che agli occhi del mondo – dei tedeschi – i greci passino per furfanti o scansafatiche. Deve convivere anche con l’idea che quella fetta della popolazione che è veramente colpevole per aver rubato e truffato, di fatto ha saccheggiato il futuro di un intero paese. “Da una settimana all’altra non sappiamo che cosa ci può accadere”, sospira. “La gente non fa che pensare al futuro. Si parla soltanto di come sopravvivere”. Mercoledì è giorno di paga, ma la professoressa non sa ancora che percentuale dello stipendio le arriverà.

Da un lato c’è un governo incompetente che è in preda al panico e finge di darsi un gran daffare senza concludere nulla, senza una strategia, come pensa la maggior parte delle persone. Dall’altro ci sono furfanti e truffatori per cui non è ancora arrivata la resa dei conti. Ersi smette di ridere, ci racconta dell’isola di Zante dove un abitante su cinque risulta cieco, il che sarebbe sorprendente dal punto di vista medico-statistico a meno che non si parli invece dei lauti sussidi allocati ai non vedenti. Per saperne di più il governo ha inviato sull’isola un team di oftalmologi. Ersi confessa che ha iniziato a fare scorta di generi alimentari. Olio, riso, miele. “Cerco di continuare a pensare positivo”, aggiunge. Un giorno o l’altro le cose dovranno pure aggiustarsi, no? “Tra dieci anni, forse quindici. Lei cosa ne pensa?”, mi chiede.

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É indispensabile che le cose si muovano. Alcuni partono. Altri urlano la loro collera a perdifiato. Altri ancora si suicidano. Il suicidio è sempre stato tabù in una società in cui la chiesa ortodossa esercita un'influenza assoluta. Le cifre ufficiali sui suicidi non hanno mai rispecchiato la realtà, e la vergogna impedisce alle famiglie di confessare che un parente si è dato la morte. “Noi greci non siamo portati alla depressione. Siamo estroversi, chiassosi. Non abbiamo mai avuto un alto tasso di suicidi”, assicura lo psicologo Aris Violatzis. “Oggi invece dobbiamo constatare il più cospicuo aumento di suicidi al mondo”.

Spesso, spiega lo psicologo, la goccia che fa traboccare il vaso è la situazione sociale o economica. Ed è lì la responsabilità del governo: “Chi sceglie il suicidio non vuole morire, vuole solo sopprimere il dolore. È lì che va cercata la responsabilità dello stato”. Agli europei dice: “É un controsenso disprezzare la Grecia. Gli europei in preda al panico pensano che sia sufficiente bruciare una strega sul rogo per purificare tutto il resto. Ma siamo davvero sicuri che sia proprio la piccola Grecia, con i suoi dieci milioni di abitanti, ad aver provocato questo cataclisma finanziario? Ormai siamo alla caccia alle streghe”.

Altri, come Costas Bakouris di Transparency International, ex imprenditore di successo, preferiscono ammettere i torti del proprio paese. “A livello individuale siamo pieni di talenti, ma presi tutti insieme siamo una vera catastrofe. Dobbiamo recuperare i nostri valori”. Il quadro non è tutto nero, tuttavia. Il turismo va a gonfie vele, le esportazioni sono in crescita del 10 per cento e nel 2010 la corruzione per la prima volta ha fatto un passo indietro. “ È pur sempre un inizio”.

Un tedesco nel bordello

Ma non tutti vedono questo barlume di speranza. “È una questione di dignità”, suggerisce Thanos Tzimeros: ha fatto quello che un uomo deve fare, ha scritto una lettera ad Angela Merkel, la cancelliera tedesca che tutti i media greci non fanno che maledire. La sua lettera è una requisitoria contro la Grecia, con tanto di appello a offrire aiuto. Parla di “transazioni oscene”, di una “illegalità orgiastica” e naturalmente del “più grande violatore di leggi”, ovvero lo stato greco. Tzimeros auspica che gli europei non diano più nemmeno un centesimo al suo paese finché gli osservatori dell’Ue non avranno constatato che le promesse di riforme fatte saranno state mantenute. I tedeschi dovranno farsi carico loro stessi di questi controlli. Tzimeros vuole fondare un nuovo partito.

Dove trovare di che sorridere, quando il colpevole è legato alla ruota del supplizio e gli si tirano gli arti millimetro dopo millimetro fino allo squartamento? “Precisamente lì”, dice l’autore e sceneggiatore Michalis Repas. Viviamo dunque in un’epoca che si presta alla commedia? “Una meraviglia!”. Anche Thasis Papathanasiou conferma: “Una meraviglia!”. I due sono celebri sceneggiatori di teatro e di cinema e hanno scritto una commedia intitolata Raus! ("Fuori!"). Parla di un bordello che si spaccia per un istituto di cultura e di un ispettore tedesco inviato ad Atene per verificare che i soldi allocati siano stati messi effettivamente a frutto.

Perché un tedesco? "Si tratta di un modello di riferimento”. “E incute paura” prosegue l’altro. Raus! è in scena da oltre un anno. I due sceneggiatori non si accontentano di far ridere il pubblico: sono anche due autori impegnati politicamente che cercano al contempo di approfondire nelle loro commedie questa nuova specie umana, che hanno chiamato homo avidus e che finisce col distruggersi da sé. Repas e Papathanasiou sono europeisti convinti e non provano imbarazzo a parlare dei tedeschi così malvisti in Grecia. La loro ultima commedia è l'adattamento di una farsa antinazista di Ernst Lubitsch, intitolata “Giochi pericolosi”. (traduzione di Anna Bissanti)

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