L'appello di Vladimir Putin per la creazione di un'"Unione eurasiatica" delle repubbliche ex sovietiche è stato accolto con scetticismo in occidente – dove la profonda crisi dell'Ue rende impensabile una proliferazione del modello sovranazionale. Ma come ha precisato lo stesso Putin, in questo caso "non si tratta di politica".
Gli strascichi della condanna di Yulia Timoshenko sembrano offrire una prima dimostrazione. Se l'Europa ha reagito con indignazione alla "sentenza politica" e minacciato il blocco dell'accordo di associazione tra Kiev e Bruxelles, Putin ha ben più pragmaticamente espresso rispetto per l'autonomia della giustizia ucraina nel caso Timoshenko – che è stata sua partner d'affari, ma non è certo una sua parente politica – e messo in chiaro l'unica cosa che conta: condanna o no, il contratto per la vendita di gas russo, oggetto delle accuse all'ex pasionaria della rivoluzione arancione, non si tocca.
O meglio: il prezzo sfavorevole imposto nel bel mezzo dell'emergenza energetica del 2009 all'indebolita Timoshenko può essere rivisto, a patto però che Kiev accetti di entrare nell'Unione doganale russa, saltando di nuovo sulla sponda orientale del fossato che divide le sfere d'influenza di Mosca e Bruxelles.
"L'Unione eurasiatica promette di essere il leitmotiv della presidenza Putin, che potrebbe cominciare nel 2012 e durare fino al 2024", avverte Asia Times Online. "Se l'Ucraina entrasse nell'unione doganale, l'Unione eurasiatica sarebbe già realtà". A bordo c'è già il Kazakistan, che l'Ue ha insistentemente corteggiato per ottenere un aumento delle forniture di gas, ricevendo una risposta freddina. L'Unione eurasiatica sarà ancora nella mente di Putin, ma dispone già di argomenti molto convincenti.