I populisti inconsapevoli

Pubblicato il 31 Gennaio 2012 alle 17:09

Nella sua lunga guest column su La Repubblica del 31 gennaio, il direttore di Die Zeit Giovanni di Lorenzo definisce la Germania "l'unico grande paese dell'eurozona in cui, sulla scena politica, non agiscono forze populiste e nazionaliste". E avverte che se gli avversari della politica restrittiva imposta da Berlino alla Bce dovessero prima o poi averla vinta, ciò "vorrà dire far venire meno in Germania l'attuale maggioranza e aprire le porte a un movimento populista che qui tutti temono, un'esperienza che solo noi tra i grandi paesi dell'eurozona siamo riusciti a risparmiarci garantendo la stabilità politica della nostra democrazia".

Anche il capo del settimanale di riferimento degli intellettuali tedeschi cede così alla self-righteousness che imperversa dall'inizio della crisi su testate "plebee" come la Bild e lo Spiegel (di cui resterà nella storia del pessimo giornalismo il recente editoriale su Schettino e la "psicologia dei popoli").

Vista da fuori, la pretesa immunità tedesca al virus populista sembra assai questionabile: se i partiti "populisti" non trovano spazio al Bundestag è anche perché gran parte del loro terreno di caccia è occupato dalla "moderata" Cdu-Csu di Angela Merkel. Un partito che cavalca volentieri il risentimento dei bravi tedeschi verso i depravati spendaccioni mediterranei, uno dei cui esponenti ha sinistramente vantato che "ora l'Europa parla tedesco", e la cui leader si è appena inventata la trovata del commissariamento della Grecia per solleticare il sadismo dei suoi elettori – salvo dover fare un'imbarazzata marcia indietro al Consiglio europeo del 30 gennaio.

Purtroppo, oltre che in queste folkloristiche pose, il populismo del governo tedesco si traduce soprattutto nella sua disastrosa gestione della crisi dell'euro, orientata a placare nel breve termine le paure dei risparmiatori in patria piuttosto che a salvare nel lungo la baracca in cui anche loro si trovano.

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