Due anni fanno molta differenza. Nel 2011 avevamo intervistato Mario Monti a margine della conferenza State of the Union organizzata nell’ambito del Festival d’Europa di Firenze (di cui Presseurop è partner). All’epoca Monti era un ex commissario europeo e presidente dell’Università Bocconi, e ci aveva risposto con calma durante una pausa caffè. Oggi è un ex presidente del consiglio circondato da guardie del corpo e con i minuti contati, e in occasione del’edizione 2013 di State of the Union, dopo una breve conferenza stampa affollata da molti giornalisti italiani in attesa del suo pronostico sul nuovo governo Letta, Monti ha accettato di fermarsi due minuti e rispondere alle nostre domande (in francese).
Due anni fa ci aveva parlato di come la crisi minacciasse il mercato unico e l’euro. Oggi il futuro di questi due pilastri dell’Unione europea sembra garantito, ma restano forti dubbi sul metodo scelto dall’Ue e dagli stati per combattere la crisi. È convinto che oggi l’atmosfera europea sia più favorevole al superamento delle crisi rispetto al 2011?
Mi sembra di sì. Abbiamo fatto molti progressi concreti nella lotta alla crisi. Abbiamo anche proiettato le politiche europee verso il futuro, con la bozza (in corso di finalizzazione) di un piano per una reale unione economica e monetaria approfondita, sotto l’egida del gruppo presieduto dal Van Rompuy. Sono convinto che i capi di stato e di governo si preparino ad affrontare seriamente gli aspetti politici e psicologici come il nazionalismo e il populismo. Questo non significa necessariamente cambiare le politiche economiche. Personalmente credo che anche quelle debbano cambiare, ma non seguendo le spinte nazionaliste e populiste. Se vogliamo portare avanti determinate politiche in un clima che è altamente esposto ai rischi di un rifiuto dettato dai nazionalismi e dai populismi, bisogna prestare la massima attenzione.
Durante il suo mandato come presidente del consiglio, e in particolare nella primavera del 2012, ha cercato insieme a François Hollande e Mariano Rajoy di riequilibrare le relazioni tra gli stati Ue e di ottenere un ammorbidimento delle posizioni della Germania. È convinto che le divergenze tra la Francia e la Germania siano un elemento durevole e ingombrante nella gestione della crisi e nella costruzione del progetto europeo?
Sono ancora convinto che una buona collaborazione franco-tedesca sia una condizione essenziale per l’avanzamento dell’Europa. Essenziale, necessaria ma non sufficiente. È altrettanto importante che il tandem franco-tedesco non crei negli altri l’impressione di essere esclusivo e discriminatorio. In un certo senso è quello che è successo all’epoca dell’intesa tra Nicolas Sarkozy e Angela Merkel, mentre nel periodo in cui ho osservato la situazione da vicino le cose sono cambiate, tra Merkel e Hollande e in generale nei rapporti tra gli stati.