Idee Elezioni legislative in Spagna

L’eccezione spagnola

Pubblicato il 18 Dicembre 2015 alle 23:33

Negli ultimi anni la politica europea sta sperimentando una radicalizzazione verso gli estremi, in seguito ad una serie di avvenimenti che hanno fatto tremare il continente. I più recenti sono gli attentati di Parigi, con l’onda di terrore e paura, ma anche la rabbia che hanno provocato in tutta Europa. Non da meno, e con una proiezione temporale molto più ampia, anche l’immigrazione di massa verso l’Europa che si è scatenata durante l’ultimo anno da paesi in conflitto come Siria, Iraq o Afghanistan.

La prima traduzione in termini politici delle conseguenze dei fenomeni citati sugli animi e le opinioni dei cittadini francesi è stato il risultato del primo turno delle elezioni regionali in Francia, nelle quali il Front national ha raccolto quasi il 30% dei voti, superando il 40% in alcune regioni. Nel secondo turno un’alleanza sui generis tra la sinistra e la destra, che si sta facendo ormai cronica in Francia, ha impedito che il partito di estrema destra potesse governare in qualche regione. Ma la tendenza è in crescita da diversi anni, comunque solida e in netto contrasto con la decadenza della sinistra socialista del presidente François Hollande e gli equilibri politicamente interessati delle destre rappresentate dall’ex presidente Nicolas Sarkozy.

La Francia non rappresenta comunque un’eccezione. Altri paesi sono interessati da questa tendenza alla radicalizzazione verso gli estremi. In Polonia, poche settimane fa, si è imposto Diritto e Giustizia (PiS), un partito ultraconservatore che, tra le sue prime misure, ha annunciato la chiusura del paese agli immigrati provenienti dal Medio oriente, avvicinandosi su questo punto all’Ungheria di Viktor Orbán. Nel Regno Unito, l’euroscettico UKIP (Partito per l’indipendenza del Regno Unito) gioca con il difficile impegno del premier David Cameron per il referendum sull’uscita o meno dall’Unione Europea (il "Brexit"). In Scandinavia l’estrema destra è molto forte.

La Spagna invece va da tutt’altra parte, nonostante sia stati colpita da due fenomeni che stanno alla base della radicalizzazione sperimentata da altri paesi: il terrorismo di taglio islamista o jihadista — con, non va dimenticato, gli attentati più sanguinosi commessi in Europa, quelli di Madrid nel marzo 2004, che provocarono 191 morti — e, negli ultimi 20 anni, un’intensissima immigrazione, la più rapida di tutto il continente. Nonostante ciò, non c’è partito in Spagna che includa tra le sue istanze politiche prioritarie la chiusura delle frontiere di fronte a tali minacce e fenomeni. John Carlin parla su El País, dell’“invidiabile politica spagnola” e del “salto di qualità democratica che presuppone l’irruzione dei nuovi partiti, contro quello che definisce, forse esagerando, il “marciume della politica passata”:

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gli stessi che prima guardavano la Spagna con disprezzo, oggi dovrebbero guardarla con invidia, in particolare per quanto riguarda il fenomeno più interessante dei nostri tempi in Europa e negli Stati Uniti: l’apparizione nell’ambito politico di partiti o personalità —“gli insorti”, li chiama la stampa britannica — che minacciano di rompere l’ordine stabilito.

La questione di fondo è senza dubbio la crisi del bipartitismo tradizionale, questo sì un fenomeno condiviso con altri paesi europei. Ma i nuovi partiti politici spagnoli, che amano fare distinzione tra la “nuova” e la “vecchia” politica, non hanno cercato capri espiatori all’estero. Forse le priorità dell’opinione pubblica andavano in un’altra direzione, e a quelle si sono piegati: i devastanti effetti della crisi economica e l’effetto demolitore che i casi di corruzione hanno avuto sulla considerazione della classe politica spagnola. Questi due temi principali provocano la convergenza dei due partiti della “nuova politica”, Ciudadanos e Podemos, verso una "centralità", così come analizza il New York Times riferendosi a Ciudadanos:

La frammentazione della politica in Europa ha dato luogo all’apparizione di numerosi partiti emergenti, generalmente di estrema destra o sinistra. Ma nel mutevole panorama politico della Spagna un nuovo partito, sorprendentemente, sta attaccando dal centro, sfidando allo stesso modo socialisti e conservatori.

Per quanto riguarda Podemos, continua il giornale, il leader Pablo Iglesias

sta scommettendo per muovere il suo partito verso un elettorato più centrista, senza perdere l’appoggio dei settori dell’estrema sinistra che l’hanno fondato nel 2014.

Il 20 dicembre si tengono le elezioni generali in Spagna. Vedremo fino a dove arriva l’effetto della “nuova politica”. E nelle settimane seguenti verificheremo fino a che punto arriva la capacità di questi nuovi attori della politica spagnola nel cercare di formare un governo da soli o — opzione più probabile — coalizzandosi con atri partiti e condizionare così il futuro della politica del paese.

Traduzione di Arianna Plebani

Nell'illustrazione di ABC del 10 dicembre, Mariano Rajoy (Partito popolare e premier uscente), Pedro Sánchez (Psoe), Albert Rivera (Ciudadanos) e Pablo Iglesias (Podemos).

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