L'appello di Vladimir Putin per la creazione di una "comunità economica armoniosa che vada da Lisbona a Vladivostok" è stato accolto in Europa con scetticismo. Secondo diversi commentatori si tratta di una "cortina fumogena", un dono avvelenato con cui Mosca tenta di attrarre l'Unione europea nella sua rete. Non c'è da stupirsi. In Europa la russofobia ha radici che risalgono almeno al diciannovesimo secolo, ed è stata ulteriormente rafforzata dai paesi dell'Europa centro-orientale che, subito dopo il loro ingresso nel 2004, contribuirono a silurare (con la benedizione degli Stati Uniti) il tentativo russo di stabilire un asse con Francia e Germania.

La diffidenza dei paesi dell'ex patto di Varsavia è più che comprensibile. Nelle relazioni internazionali fattori emotivi sono spesso determinanti. Ma a decidere sono quasi sempre i rapporti economici, e questi parlano di una Russia che, dopo che la crisi ha bruscamente ridotto gli introiti delle esportazioni di materie prime, ha urgente bisogno di riconvertire la propria economia. La cooperazione con l'Unione europea è la prima scelta, e non solo per ragioni strutturali. Il potere degli oligarchi dell'energia si sta incrinando, e la voce di chi vuole una normalizzazione dei rapporti con l'Europa in nome del comune retaggio storico e culturale si fa più forte. Come ha scritto l'influente analista Sergej Karaganov, per la Russia "non esiste alternativa all'avvicinamento politico e sociale all'Europa. Senza l'Europa non saremmo russi". Tale necessità ha già spinto la Russia a compiere passi sorprendenti, come in occasione del vertice Nato di Lisbona e della condanna del massacro di Katyn.

Le elezioni presidenziali del 2012 opporranno quasi certamente Putin a Dmitri Medvedev, che ha fatto dell'apertura all'occidente uno dei principi guida della sua presidenza. In quest'ottica, il cambio di atteggiamento da parte di Putin merita grande attenzione: per i due candidati l'Ue potrebbe diventare un terreno comune piuttosto che un elemento di distinzione.

In palio non ci sono solo le grandi possibilità offerte dal mercato russo. C'è anche la prospettiva di indebolire la rivalità per l'Europa orientale e imbrigliarla nella cornice di una “normale” competizione economica e politica. E, soprattutto, di evitare che la Russia scivoli inesorabilmente verso l'alternativa cinese, contribuendo a spostare a est l'asse globale.

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Gli scettici hanno ragione ad avvertire che bisogna fare attenzione alle clausole scritte in piccolo: il rischio di rimanere scottati è reale. Ma come dimostrano le vicende dei gasdotti Nord stream e South stream, se i paesi Ue continueranno a voler gestire da soli i rapporti con Mosca i danni saranno certi. L'Europa ha in mano delle buone carte, e non deve avere paura di giocare al tavolo dell'orso. A patto di saper imporre le proprie regole.

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