Siamo tutti belgi

Pubblicato il 28 Gennaio 2011 alle 10:43

Duecentoventotto giorni (il 28 gennaio) e ancora niente governo. Solo l'Iraq ha fatto peggio. Come scrive Le Monde, il Belgio è "sull'orlo del baratro", incapace di venire fuori dalle divisioni tra partiti fiamminghi e francofoni e articolare una riforma dello stato federale che sia accettabile per entrambe le comunità.

A Bruxelles continua a mancare un governo e dall'Europa giunge un silenzio di tomba. Poco a poco il Belgio avanza verso una morte lenta, senza che i suoi vicini sembrino preoccuparsene. È vero, come ha fatto notare di recente la Frankfurter Allgemeine Zeitung, che l'assenza di un governo non impedisce la continuazione della vita quotidiana e che il paese ha portato a termine senza problemi il semestre di presidenza dell'Ue. Tuttavia resta il fatto che se il Belgio sparirà sarà la prima volta nella storia dell'Unione che uno degli stati membri cessa di esistere – e non un paese qualsiasi, ma quello che la maggior parte delle istituzioni dell'Ue. Con i problemi dell'euro che destabilizzano le strutture comunitarie, gli europei farebbero volentieri a meno di una nuova crisi.

Di sicuro il balletto politico iniziato dopo le elezioni del giugno scorso è incomprensibile per molti, compresi alcuni belgi. Non c'è dubbio che per un finlandese, un romeno o un portoghese, fiamminghi e valloni rappresentano comunità lontane, il cui destino è un problema secondario. La verità però è che in ballo ci sono il futuro di un paese con dieci milioni di abitanti e il benessere istituzionale dell'Unione europea. L'evoluzione storica del nostro continente va verso una maggiore interdipendenza tra gli stati e i loro cittadini. Parafrasando una celebre formula, un battito d'ali alla periferia di Bruxelles può causare una tempesta in Transilvania o in Calabria.

La fine di uno stato fondato sulla coesistenza di diverse comunità colpirebbe la solidarietà tra gli europei, già messa a dura prova dalla crisi dell'euro. La fiducia, già debole tra i leader del continente, vacillerà. Di fronte alla marginalizzazione dell'Europa nel mondo è più che mai necessario conservare gli strumenti politici ed economici in grado di garantire la coesione europea.

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Non spetta agli europei dire ai belgi quello che devono fare, e non si può nemmeno sostenere che l'Unione europea non potrebbe vivere senza il Belgio come lo conosciamo. Ma è comunque essenziale che ognuno di noi si interessi e si preoccupi per l'avvenire di questo paese.

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