“La crisi dell’euro si sta alleviando, e questo suscita imbarazzo soprattutto tra gli anglosassoni”, scrive Philip Stephen sul Financial Times dopo la notizia che la moneta europea ha raggiunto la quotazione più alta degli ultimi 14 mesi sul dollaro, alimentando la speranza che sia finito il declino della regione. “I britannici e gli americani erano in prima linea tra i gufi”, ricorda il giornalista sottolineando che nonostante l’Europa debba ancora affrontare difficili sfide economiche come la crescita anemica, la disoccupazione cronica e una montagna di debiti, “le previsioni di un crollo della moneta unica si stanno dimostrando esagerate”. Analizzando gli errori degli scettici, Stephen scrive che
lo sbaglio evidente è stato sottovalutare la volontà politica dei leader europei di mantenere il carrozzone in marcia… Dietro l’austerity, i bailout e i nuovi meccanismi di salvataggio c’è una grande determinazione. L’anno scorso ho sentito un funzionario tedesco rallegrarsi del fatto che i britannici fossero rimasti fuori dall’euro, perché altrimenti sarebbero scappati via alla prima scossa.
Secondo Stephen il secondo errore dei pessimisti è stato quello di non saper riconoscere la capacità di adattarsi e sopravvivere del modello europeo.
Erano convinti che l’eurozona fosse davanti a una scelta binaria. Poteva diventare un’unione politica ed economica – gli Stati Uniti d’Europa – o accettare il fallimento. Dato che Germania, Francia e altri paesi sono chiaramente contrari ad abbandonare le loro identità nazionali, i pessimisti hanno pensato che l’euro fosse evidentemente una moneta senza futuro. Certo, ancora oggi nessuno può essere sicuro che la valuta europea sopravviverà in eterno, ma almeno sappiamo che i politici non si arrenderanno senza lottare fino all'ultimo.