"L'Ungheria nazionalizza i contributi pensionistici privati", annuncia il quotidiano ceco Hospodářské Noviny. Il 13 dicembre il parlamento ungherese ha approvato una legge che permette di reintegrare nel sistema pensionistico pubblico le casse delle pensioni private, alle quali gli ungheresi sono obbligati a contribuire oltre che a quelle pubbliche. Il governo conservatore ha così cancellato un sistema messo in piedi dodici anni fa, che il primo ministro Viktor Orbán ha definito "una brutta esperienza che ci ha immerso nei debiti fino alle orecchie".
Lo stato conta di utilizzare il denaro recuperato per "tappare il buco" del debito pubblico, che sfiora l'80 per cento del pil, e per ridurre il deficit come promesso all'Unione europea e al Fondo monetario internazionale. Il provvedimento entrerà in vigore soltanto a fine gennaio, e gli ungheresi rischiano di veder calare l'ammontare delle loro pensioni. "La fiducia degli ungheresi [nei confronti delle pensioni pubbliche] è scarsa, ed è per questo che hanno preferito organizzare dei fondi privati. Ormai [la fiducia] è quasi a zero. Dopo le pensioni, tutto quanto può essere nazionalizzato". Al giorno d'oggi, prosegue Hospodarske Noviny, "la sola certezza che hanno gli ungheresi è l'incertezza a proposito della loro economia e delle loro pensioni".
Alle prese con una situazione simile, la Polonia ha adottato la soluzione inversa. Il 10 dicembre il governo di Donald Tusk ha ottenuto dalla Commissione europea il diritto a depennare dal calcolo del debito pubblico e del deficit i trasferimenti di denaro pubblico nelle casse delle pensioni private. In questo modo il governo polacco potrà registrare un debito inferiore al 40 per cento del pil, anziché del 54 per cento.
Tuttavia, sottolinea Dziennik Gazeta Prawna, il successo del governo potrebbe trasformarsi in una maledizione, perché il cambiamento di metodo contabile non modifica il volume del debito e "potrebbe essere una scusa per aumentare il debito senza pagarne le conseguenze".