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La Scozia ha deciso di continuare a far parte del Regno Unito nello storico referendum del 18 settembre: il 55,3 per cento dei votanti ha votato contro l’indipendenza, contro il 44,7 per cento che ha votato a favore.

The Herald mette in luce l’affluenza record degli elettori, arrivata all’84,5 per cento, e fa notare che “in precedenza l’affluenza più alta in una qualsiasi votazione nel Regno Unito aveva raggiunto l’83,9 per cento, per la precisione nelle elezioni generali del 1950”. Secondo il columnist
Andrew McKie, la percentuale di elettori costituisce di per sé una vittoria per la Scozia:

Il risultato è già abbastanza definitivo da impedire che per almeno una generazione si ritorni sull’argomento. Con un’unica clausola: a Holyrood, [il parlamento scozzese] si dovranno concedere ulteriori poteri. […] La Scozia può andar fiera di aver affrontato un dibattito che, per lo più, si è tenuto lontano dalla politica dei partiti e si è impegnato in modo sincero nella faccenda, coinvolgendo anche persone che in passato non avevano mai preso parte alla vita politica del paese.

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The Scotsman, fortemente contrario all’indipendenza, scrive che il referendum dimostra che "nelle giuste circostanze, la politica può entusiasmare ed elettrizzare”. Il quotidiano scrive anche che la lezione più importante che ha migliorato l’impegno democratico è consistita nel coinvolgere nel voto i sedicenni e i diciassettenni:

L’energia e l’entusiasmo con i quali questa fascia di età ha colto l’occasione di prendere parte al dibattito nazionale sono evidenti, e così pure il modo col quale le scuole hanno riferito un forte interesse in tutti i gruppi. Naturalmente, tutto ciò è stato seguito con estremo interesse anche dagli alunni più piccoli di tutte le scuole e si spera che ciò serva a inculcare loro il desiderio, quando saranno abbastanza grandi, di poter fare affidamento su di loro per questioni di stato altrettanto importanti. […] È sempre stata una presa in giro: i cittadini di questa età potevano lavorare, pagare le imposte, sposarsi, divorziare ed entrare nelle forze armate, ma non potevano partecipare al processo decisionale del paese. È arrivato il momento che questa stessa possibilità sia offerta loro in occasione di altre elezioni.

Il New Statesman , che riassume gli argomenti politici, osserva che il leader del Partito nazionale scozzese e premier della regione Alex Salmond ha ammesso la sconfitta, affermando che la Scozia ha deciso di non diventare indipendente “per il momento”:

Con un riferimento, a stento nascosto, al “neverendum” [il referendum ripetuto infinite volte] tanto temuto dagli unionisti. Dopo un risultato di così stretta misura rispetto a quanto previsto dalla maggior parte delle persone due anni fa, Salmond ha fatto sapere di credere che in un prossimo futuro sarà possibile un secondo voto sulla questione.

In Inghilterra, il Primo ministro britannico David Cameron ha detto che il voto ha messo fine alla faccenda “forse a vita”, osserva The Times. Secondo il quotidiano, i prossimi passi da intraprendere saranno “cambiamenti costituzionali di rilievo” per l’intero Regno Unito:

Il primo ministro ha detto che garantisce che la promessa di devolvere le competenze su fisco, welfare e potere di erogare prestiti sarà pienamente rispettata con le proposte delineate a novembre. […] Ha anche aggiunto, tuttavia, che il cambiamento dovrebbe comprendere anche la cessione agli inglesi di maggiori poteri […] con lo stesso ritmo della devolution scozzese.

Per gli unionisti in Inghilterra, la vittoria dei “no” significa prendere atto del fatto che tali concessioni dovranno essere fatte. “Grazie a Dio il mio paese è ancora intatto” scrive Daniel Hannan sulle pagine del conservatore The Daily Telegraph, aggiungendo che sarà inevitabile concedere alla Scozia maggiori poteri:

Non soltanto l’hanno promesso tutti i partiti più importanti: ma non esiste alcun altro modo per unire le due parti. L’autogoverno per la Scozia avrà quindi implicazioni per le altre tre regioni del paese, obbligando a una devolution di massa per tutti.

Il risultato del referendum in Scozia ha scatenato reazioni anche in Catalogna, le cui aspirazioni per l’indipendenza hanno fatto seguire da vicino il referendum. Enric
Hernández, direttore del quotidiano di Barcellona El Periódico, scrive a questo proposito che

L’incubo di un effetto domino in Catalogna, nelle Fiandre, in Corsica e in Padania è responsabile di parecchie notti insonni trascorse da varie cancellerie. Il caso della Scozia riflette il desiderio indipendentista della Catalogna, ma anche il suo opposto. I timori che si sono diffusi in Europa per questo referendum rafforzano gli stati nazione nei confronti di altri tentativi di secessione.

Traduzione di Anna Bissanti

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