Dopo le crisi nel Mediterraneo e in Ucraina si manifesta ora “un altro evidente problema esistenziale ” nell’Europa Occidentale, scriveNatalie Nougayrède sul Guardian. La vittoria del partito conservatore alle elezioni politiche del Regno Unito del 7 maggio pone una serie di importanti interrogativi per l’Unione Europea.
Sarà il primo ministro britannico David Cameron, rieletto con una maggioranza risicata, a determinare in gran parte se il paese resterà o meno unito e se continuerà a far parte dell’Unione, afferma Nougayrède. Cameron ha promesso di rinegoziare la permanenza del Regno Unito nell’Ue, ma rischia di deludere le aspettative degli euroscettici per quanto attiene alla possibilità di istituire un referendum nazionale a riguardo:
Nessuno, a Berlino, a Parigi o altrove ha voglia di avviare un faticoso processo di modifica dei trattati Ue, poiché si teme giustamente che ciò possa mettere seriamente a repentaglio l’Unione nel suo complesso.
La vittoria elettorale di Cameron dimostra che il primo ministro ha saputo resistere allo tsunami della crisi economica meglio di quasi tutti gli altri leader europei. Ora si trova a far parte con Angela Merkel di uno “sparuto gruppo di sopravvissuti politici” nell’Ue, una posizione che dovrebbe fruttargli un credito politico notevole. Tuttavia, Cameron ha voluto assecondare la richiesta dei populisti di mettere un freno alla libera circolazione delle persone, “uno dei pilastri dell’Ue”, cosa che ha danneggiato la sua credibilità a livello europeo.
I politici europei hanno difficoltà a prevedere come si evolverà questa situazione. Ad esempio non si sa ancora fino a che punto il partito fortemente euroscettico Ukip influenzerà la posizione di Cameron. Altrettanto imprevedibili sono gli euroscettici all’interno del suo stesso partito. Poi,
c’è la pressione degli alleati storici della [Gran Bretagna] che, disorientati, si chiedono se il paese sarà in grado o meno di riscoprire i vantaggi derivanti dalla partecipazione a un più ampio progetto europeo e di riaffermare la sua posizione all’interno di esso.
Nougayrède mette in guardia dall’atteggiamento fanatico adottato da molti durante la campagna elettorale, perché “la posta in gioco è alta e abbiamo molto da perdere” in caso di [uscita dall’Unione] del Regno Unito. Si presenta il rischio concreto di una secessione scozzese. E l’Ue perderebbe, con la Gran Bretagna, un importante partner politico ed economico:
senza il Regno Unito, l’Europa rischierebbe di autodistruggersi. E senza l’Ue, la Gran Bretagna si ritroverebbe a percorrere vie ancora inesplorate e rischierebbe di diventare una pedina insignificante in un mondo globalizzato.
La classe politica britannica, e Cameron in particolare, devono garantire che il dibattito nazionale sulla presenza nell’Ue venga condotto in modo costruttivo e con cognizione di causa, senza l’allarmismo e lo sciovinismo che imperversano ormai nella politica britannica. La posta in gioco, conclude la Nougayrède, è più alta che mai.
Tradotto dall'inglese da Caterina Saccani.