Il piano della Russia per l'Europa

Punire la Germania, dividere l’Unione, mantenere la pressione sull’Ucraina

La crisi dei rifugiati sta offrendo al Cremlino un’opportunità per mettere in atto la sua politica di confronto con l'Europa, approfittando delle sue debolezze e divisioni attuali.

Pubblicato il 3 Marzo 2016 alle 09:11

Richard Herzinger, editorialista del quotidiano tedesco Die Welt, sostiene che Vladimir Putin sta mettendo in atto una politica espansionistica in Europa. L’obiettivo numero uno del presidente russo è far cadere Angela Merkel.

La determinazione del Cremlino di immischiarsi negli affari degli altri paesi non ha fatto altro che crescere dalla crisi ucraina. Secondo Herzinger una simile "strategia d’infiltrazione" è in atto proprio in Germania, dove la Russia ora sostiene di proteggere i cittadini tedeschi di origine russa. La storia costruita ad arte di una ragazzina russo-tedesca violentata da una gruppo di rifugiati è stata ampiamente diffusa dai mezzi d’informazione nazionali russi. Sergej Lavrov, il ministro degli esteri russo, è intervenuto a favore della presunta vittima, criticando la modalità con cui il sistema giudiziario tedesco aveva gestito il caso.
Questo tipo di operazione rientra nella più ampia strategia escogitata dalla Russia di destabilizzare l'Unione europea, aggiunge Herzinger: "Mosca sta cercando di capire fino a che punto può spingersi senza incorrere in una significativa opposizione in Occidente." L’ammonimento di Angela Merkel a seguito dell'intervento russo ha suscitato poche ripercussioni, così come la decisione di una commissione d’inchiesta britannica di accusare Putin di essere coinvolto nell’omicidio di Aleksandr Litvinenko, il dissidente russo avvelenato a Londra.

Cosa spinge la Russia ad intervenire nelle faccende dell’Europa? Secondo Herzinger, Vladimir Putin mira a dividere gli stati membri dell'Unione e, alla fine, a smembrare la stessa Ue:

Il sogno di Putin è vedere gli stati nazionali europei isolati, estromessi dall’ombrello protettivo dell’Ue che, nelle questioni geopolitiche fondamentali, non sarà in grado di prendere nessuna decisione senza l’assenso di Mosca, la nuova potenza dominante. Affinché ciò avvenga, occorre rompere l'asse transatlantico e allontanare gli Stati Uniti dall’Europa. L'ambizione di Putin di realizzare un'Europa dominata dalla Russia si basa su una mentalità neo-imperialista che fonde l'idea zarista di superiorità russa con un rinnovato orgoglio nell’eredità del dominio militare dell'Unione sovietica.

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Herzinger taccia d’ingenuità gli analisti che puntano sulle sanzioni economiche come misura per ammorbidire la posizione della Russia e normalizzare le sue relazioni con l'Europa. La società russa, aggiunge, è stata indotta a considerare se stessa come una pedina fondamentale nella storia del mondo. In questo quadro la Russia sente di avere il dovere di salvare i suoi vicini occidentali dalla "decadenza liberale" indotta dagli Stati Uniti. Putin gioca un ruolo centrale nelle vesti di soccorritore e rinnovatore della "russitudine". Questa posizione creata ad arte gli garantisce una protezione significativa da eventuali shock economici.

Le avventure geopolitiche di Putin non si fermano in Europa. L’intervento della Russia in Siria, attentamente pianificato, rappresenta un perfetto esempio dell’abilità russa di confondere e superare in astuzia l’Occidente. Se i diplomatici cercano di nascondere le loro differenze additando l’organizzazione Stato islamico come nemico comune, Putin continua ad appoggiare l’aggressione del presidente siriano Bachar al-Assad contro il suo stesso popolo.

Il terrorismo funge da comoda scusa per giustificare l’inerzia anche lungo la frontiera orientale dell’Europa:

La convinzione fittizia dell’Occidente secondo cui il Cremlino è un partner ineludibile nella guerra al terrore ha giustificato ulteriori aggressioni della Russia in Ucraina, mettendo il paese sotto pressione. I governi occidentali non hanno accusato la Russia di condurre una politica di aggressione in Ucraina, nonostante l’evidente infrazione dell’accordo di Minsk e la continua, ibrida guerra nell’est del paese. Al contrario, i negoziati con Mosca, volti a definire un modus vivendi sulla questione, ora sono condotti direttamente dagli Stati Uniti. Se gli enormi costi della guerra di Putin sui due fronti, Siria e Ucraina, lasciavano intendere un’apertura ad eventuali concessioni, sarebbe assurdo pensare che il leader del Cremlino possa rinunciare alle rivendicazioni sui Paesi vicini. Non ci sono ostacoli insormontabili a un accordo con il Cremlino. Ma esso deve fondarsi sul desiderio comune dell’Occidente di porre un freno alle ambizioni egemoniche di Putin. Le vacillanti democrazie occidentali sembrano però tutt’altro che desiderose di farlo. Ora più che mai.

Traduzione di Grazia Ventrelli

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