I generali croati Ante Gotovina e Mladen Markač, accusati di crimini di guerra e contro l'umanità ma considerati eroi nel loro paese, sono stati prosciolti il 16 novembre dal Tribunale penale internazionale per la ex Jugoslavia. Erano stati condannati in primo grado a 24 e 18 anni di prigione per il loro ruolo nella riconquista della Krajina, provincia croata caduta in mano ai separatisti serbi, nell'agosto del 1995. Questa volta i giudici hanno concluso che i due non avevano deliberatamente preso di mira dei civili e non avevano un eseguito una pulizia etnica.
Il verdetto "non lascia spazio all'euforia", commenta Novi List. Il quotidiano di Rijeka ricorda che l'arresto e l'estradizione all'Aia di Gotovina erano la condizione chiesta dall'Ue in cambio dell'adesione della Croazia. Nessuna trattativa avrebbe potuto essere avviata prima del suo arresto, nel dicembre 2005. Oggi, spiega Novi List,
Il proscioglimento dei generali Gotovina e Markač non eliminerà la sensazione che la Croazia avrebbe potuto evitare il calvario che ha attraversato durante il processo di adesione. […] Bisogna chiedersi come in 4 anni, dalla caduta di Vukovar nel 1991 alla riconquista della Krajina, la Croazia sia potuta passare dallo status di vittima a quello di aggressore potenziale. Bisogna essere sinceri, questo non è il trionfo dei miti e delle leggende nazionali, come sostiene chi afferma che non avrebbero potuto esserci crimini nella guerra di liberazione del paese e quelli che dicevano che era nell'interesse della Croazia rifiutare di perseguirne gli autori.
"Hanno difeso la Croazia con onore", titola Jutarnji List, secondo cui
Il verdetto dell'Aia invalida le teorie del complotto lanciate dall'estrema destra, secondo cui questa istituzione è stata uno strumento della politica imperialista britannica che cercava di mettere tutti i crimini sullo stesso piano e di cui il generale Gotovina era vittima. Se non si fosse nascosto per quattro anni la Croazia sarebbe entrata nell'Ue molto più facilmente. Ma il passato è passato, e ora bisogna che torni più rapidamente possibile alla vita normale, dopo undici anni passati in clandestinità e in carcere.
Il verdetto mette un punto alla vicenda e "forse non favorirà gli investimenti in Croazia, ma può contribuire a creare un ambiente più favorevole per gli affari", spera il quotidiano economico Poslovni Dnevnik, secondo cui
Le relazioni politiche ed economiche con la Serbia si stanno sviluppando e non dovrebbero peggiorare.
Il quotidiano serbo Politika ritiene che "il proscioglimento avrà meno conseguenze sui rapporti tra Croazia e Serbia che sull'atteggiamento della Serbia verso l'integrazione europea".
È un brutto messaggio per il processo di riconciliazione nella regione, perché dimostra disprezzo verso le vittime e i rifugiati che, a quasi vent'anni dalla guerra, non sono ancora riusciti a tornare in Croazia.
Secondo il tabloid serbo Blic "l'onta dell'Aia allontana ancor più l'Europa dai Serbi. Il verdetto è stato accolto con sollievo in Croazia perché le permetterà di entrare nell'Ue "mondata da tutti i peccati", scrive il politologo Predrag Simić su Politika. Ma
la sentenza dell'Aia rischia di allontanare ulteriormente la Serbia dall'integrazione europea (il sostegno all'adesione è ormai sotto il 50 per cento) e complicare i negoziati con il Kosovo. Il verdetto non è una buona notizia né per la Serbia, né per l'Ue, né per il diritto internazionale.