Dopo un vertice in ritardo, una notte di trattative e un’infinità di discussioni in cui gli interessi nazionali hanno prevalso su ogni altra considerazione, i 27 capi di stato e di governo hanno raggiunto un accordo sul budget dell’Unione europea per il periodo 2014-2020.
Il Consiglio europeo si è ridotto a “un mercanteggiamento e a una caccia al miglior affare”, sottolinea Trouw. Il quotidiano olandese ricorda che la pressione per raggiungere un consenso era enorme, ma i dirigenti erano preoccupati soprattutto dalle spiegazioni che dovranno dare all’opinione pubblica dei loro paesi:
Volevano uscirne insieme, perché è in ballo la credibilità dell’Unione. Inoltre questo budget a lungo termine è una condizione per poter investire nei progetti infrastrutturali e nella ricerca. Un po’ tutti temono che non ci siano altre possibilità prima del 2014, perché nel frattempo ci saranno le elezioni in Italia, nel Regno Unito [locali] e in Germania. E i leader non hanno nessuna voglia di ammettere in patria di aver ceduto troppo in fase di contrattazione.
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In questo contesto, “per mettere fine alla disputa sul bilancio gli europei hanno deciso di ricorrere a una sottile distinzione tra le spese promesse e quelle realmente effettuate”, spiega Le Monde:
Gli europei distinguono come mai prima d’ora tra crediti a impegno, ridotti a 960 miliardi di euro, e crediti di pagamento, portati a 908,4 miliardi. Questo scarto […] assume proporzioni eccezionali. Per la prima volta nella storia del progetto europeo, entrambi i tipi di credito sono stati ridotti rispetto al budget precedente (2007-2013).
Il risultato del vertice potrebbe essere “una vittoria del Regno Unito e dei contribuenti netti al budget comunitario”, sottolinea El País. Il quotidiano madrileno definisce il compromesso presentato dal presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy un “gioco di contabilità creativa” e si rammarica che
gli ultimi due mesi non sono serviti ad avvicinare le parti. Al contrario, ognuno si è arroccato sulle sue posizioni. Abbandonata ogni velleità paneuropea, tutti i paesi hanno cercato in ogni modo di difendere i propri interessi.
Die Welt giudica il risultato “non eccessivamente malvagio nell’orbita del possibile”. Tradizionalmente ostile all’aumento del budget Ue con il denaro dei contribuenti tedeschi, il quotidiano apprezza in particolare i tagli a quello che definisce “il dinosauro delle sovvenzioni Ue: gli aiuti all’agricoltura”.
La trattativa vecchia di decenni per standardizzare il tenore di vita all’interno dell’Ue si è ridotta a una volontà di concedere le stesse possibilità agli imprenditori anziché proteggere i privilegi dei politici regionali.
Tuttavia, avverte Le Monde, per essere messo in pratica il compromesso dovrà essere approvato dal Parlamento europeo, che dovrà essere convinto:
Il presidente Martin Schultz è contrario al rigore imposto dal [primo ministro britannico] David Cameron, e potrebbe criticare l’eccessivo scarto tra crediti di impegno e di pagamento. Per Schultz questo significa generare deficit, perché i pagamenti reali non saranno necessariamente finanziati nel corso degli anni.