Analisi Europa sostenibile

Il Green Deal europeo, cinque anni dopo: un’app per capire a che punto siamo sulla via della neutralità carbonica

Strumento essenziale al centro della politica europea per la transizione ecologica, il Green Deal si pone come obiettivo la neutralità carbonica entro il 2050. Ma come sapere quali tappe intermedie sono già state raggiunte? Degli economisti dell’Osservatorio francese delle congiunture economiche ha messo a punto uno strumento che permette di seguirne i progressi.

Pubblicato il 25 Aprile 2024 alle 14:26

Cinque anni dopo la sua presentazione nel 2019, il Green Deal europeo si scontra con un paradosso sorprendente. Oggi si trova al centro di accesi dibattiti in numerosi stati membri, senza che nessuno sappia veramente dire a che punto è la sua applicazione.

La colpa, in parte, è da attribuire alla scarsa chiarezza del testo rispetto ai progressi del Green Deal: il documento di accompagnamento della Commissione europea che attesta l’avanzamento dei progetti mette insieme progressi istituzionali e progressi concreti. Difensori e detrattori fanno molta fatica a rispondere a domande fondamentali: il Green Deal raggiunge concretamente i suoi obiettivi, al di là della loro trascrizione formale in proposte di legge? È sulla buona strada? Presenta lacune, punti deboli, squilibri e sì, quali?

Per chiarire questo paradosso mettiamo a disposizione dei legislatori e dei cittadini e cittadine dell’Ue uno strumento statistico di facile utilizzo, gratuito e il più completo possibile: la Il Green Deal Radar. Il radar è composto da 14 indicatori suddivisi in quattro macro-aree o “pilastri”: clima ed energia, risorse e inquinamento, agricoltura e alimentazione, biodiversità ed ecosistemi. Gli indicatori che abbiamo selezionato figurano in tutti i testi legislativi europei e sono inoltre oggetto di una valutazione affidabile e periodicamente aggiornata da parte dell’Ufficio statistico dell’Unione europea (Eurostat) che permette di confrontarne lo stato attuale con l’obiettivo da raggiungere. A questi se ne dovrebbero aggiungere altri nei mesi e negli anni a venire, ma al momento costituiscono un corpus di dati abbastanza consistente da stilare un’analisi preliminare della traiettoria seguita dal Green Deal.

Presupposto fondamentale del nostro approccio è utilizzare rilevazioni a livello comunitario, considerando gli indicatori come medie dei 27 stati membri. Questa scelta risolutamente europeista vuole evitare la tentazione di fare del Green Deal un “concorso” dove “i bravi studenti” sono portati come esempio per gli “scansafatiche”.

Da un lato, le specificità nazionali rendono spesso privi di fondamento questi paragoni ma, cosa più importante, questa logica di rivalità e concorrenza fra stati ha già effetti abbastanza negativi su fisco, bilancio e questioni sociali per non riproporsi anche nell’ambito della transizione ecologica. Il Green Deal è una strategia comune che impegnerà l’Ue per i decenni a venire, ed è a livello comunitario che ha più senso misurarne il successo (o il fallimento). 

I quattro pilastri del Green Deal sono posizionati e confrontati su una scala da 0 a 100%, con lo 0% che indica che non è stato fatto alcun progresso e il 100% che tutti gli obiettivi verranno raggiunti entro il 2030.

Due dati di fatto eloquenti emergono da questo grafico: il primo è che il Green Deal è sulla buona strada rispetto agli indicatori in vigore e il cammino fatto fin qui verso gli obiettivi del 2030 oscilla tra i due terzi (per il pilastro “energia e clima”) e un quarto (per il pilastro “agricoltura e alimentazione”). Il secondo è che il Green Deal è fortemente sbilanciato a favore del pilastro “energia e clima”, mentre gli altri tre sono compresi all’incirca fra un quarto e un terzo del cammino percorso (il pilastro meno sviluppato è “agricoltura e alimentazione”, particolare che getta una luce interessante sugli animati dibattiti che da mesi agitano il mondo agricolo in numerosi stati membri rispetto alle leggi in difesa dell’ambiente).

Inoltre possiamo descrivere la dinamica propria di ciascun pilastro, per capire meglio le evoluzioni in corso (alla luce degli indicatori attuali che, ricordiamolo, sono ancora parziali). Il pilastro “energia e clima” è quello che annovera il maggior numero di indicatori inseriti nei testi europei e misurabili secondo un criterio oggettivo (sei in tutto), dato per nulla sorprendente visto che il cuore della strategia definita sin da dicembre 2019 è l’ambizione europea di “essere il primo continente climaticamente neutro”. Ma, se guardiamo nel dettaglio, questa ambizione di neutralità carbonica si scontra con una realtà smascherata dai dati.


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Se l’Unione nel suo insieme ha registrato un’importante riduzione delle emissioni di gas serra (abbiamo già percorso oltre la metà della strada che ci separa dagli obiettivi del 2030), la tendenza post Covid-19 non è delle migliori: le emissioni hanno subito un forte rimbalzo nel 2021 (e non sono state compensate dal calo del 2022) e la loro riduzione rimane troppo lenta, secondo l’Agenzia europea dell’ambiente.

Soprattutto, però, la strategia della neutralità carbonica adottata dall’Ue presuppone che le emissioni lorde restanti (che non saranno ridotte a zero) siano compensate dai pozzi di assorbimento del carbonio. Tuttavia, il loro indicatore di assorbimento è crollato nel corso dell’ultimo decennio per effetto della crisi climatica (incendi di grandi foreste, distruzione degli ecosistemi, ecc.). La nostra Bussola del Green Deal evidenzia dunque una grave falla, troppo poco conosciuta, della strategia europea, molto concentrata sugli obiettivi del pilastro “energia e clima”, ma non abbastanza attenta alla vitalità degli ecosistemi che tuttavia, alla fine, ne condizionano il successo.

L’analisi del pilastro “risorse e inquinamento” svela un altro squilibrio: al contrario delle emissioni di gas serra, il consumo di risorse naturali non diminuisce più da dieci anni. L’economia europea è dunque lontana dall’essere sostenibile. Allo stesso modo, gli indicatori di conservazione delle terre e degli spazi marittimi all’interno del pilastro “biodiversità ed ecosistemi” mostrano progressi reali e incoraggianti per gli obiettivi del 2030. Ma la diminuzione delle specie di uccelli (simbolo di un’erosione che va ben oltre la biodiversità nell’Ue, soprattutto per quanto riguarda insetti o anfibi) è continua dall’inizio degli anni Novanta e ha accelerato nel corso degli ultimi vent’anni. Evidentemente ci sono altri squilibri che il nostro strumento non permette di misurare, a partire dall’assenza di ambizioni sociali del Green Deal per come è oggi.

La nostra “Bussola” è dunque uno strumento valutativo imperfetto, che andrà completato via via che gli indicatori del Green Deal saranno più precisi e numerosi, ma permette comunque di fare chiarezza all’interno di un certo numero di dibattiti in corso e ci offre una risposta precisa alla domanda che ci siamo posti in apertura di questo articolo: “Il Green Deal europeo sta raggiungendo i suoi obiettivi?”.

Grazie alla Bussola possiamo rispondere di sì, seppur in maniera sbilanciata, cosa che presto potrebbe rimetterne in discussione un successo ancora fragile.

Eloi Laurent, Jérôme Creel ed Emma Laveissière sono gli ospiti del nostro evento Live dal vivo del 2 maggio, alle 13.30 ora italiana. Clicca qui per iscriverti.
In collaborazione con European Data Journalism Network

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