Idee La Catalogna e l’indipendenza

Un’enorme truffa

Pubblicato il 10 Ottobre 2017 alle 13:28

Quel che è successo in Catalogna negli ultimi anni può essere descritto come una “grande truffa”. Una truffa che affonda le sue radici in un intenso processo di appropriazione dello spazio politico e sociale della regione, fino al punto in cui l’opinione di chiunque altro è stata soffocata. Perché è una truffa dire, come sostengono i nazionalisti della Catalogna, che i diritti dei catalani sono stati calpestati, che non gli è stato permesso di votare liberamente, che sono “stati derubati”, o che la loro lingua e la loro cultura sono state “soppresse” dalla Spagna. Quel che è successo in Catalogna è che il tradizionale “catalanismo” protetto dalla generosità della costituzione spagnola del 1978, che conferisce un’ampia autonomia alla regione, si è trasformato in nazionalismo e, da qui, in appelli all’indipendenza, per avidità, opportunismo e capacità politica interna. E il nazionalismo è inarrestabile, perché va alla ricerca di una relazione dualistica, di buoni contro cattivi, di esclusività, di obbligo a schierarsi.

Aggiungiamo a questo un controllo di fatto della lingua, dell’istruzione, della cultura e dei mezzi d’informazione, e abbiamo così smantellato gli elementi di un nazionalismo “puro”, di una sorta di totalitarismo, che a livello storico ha distrutto l’Europa, e abbiamo costruito una versione post-moderna di nazionalismo, amico dei social media, dei selfie con le bandiere sullo sfondo, basato sull’immaginazione audiovisuale e con un impeccabile strategia di marketing. Questo tipo di nazionalismo si è fortemente sviluppato a partire dalla sentenza del 2010 del Tribunale costituzionale spagnolo sullo Statuto di Autonomia della Catalogna, che ne ha eliminato una parte, dopo un disastroso negoziato e, più concretamente, con l’enorme messinscena della Diadas (il festival nazionale catalano).

Un’assurda chimera etnica in una Spagna aperta e democratica. E questo è ciò che ha manipolato e convinto molti catalani, anche se meno del 50 per cento della popolazione, stando ai risultati delle ultime elezioni regionali. È un processo che ha raggiunto l’apice nel contesto di crisi economica, la quale ha spinto le persone verso il movimento indipendentista, già duramente colpito ma che fino a quel punto non aveva dimostrato tendenze nazionaliste. È un fenomeno che si spiega se correlato all’insurrezione globale contro le ineguaglianze create dal neoliberalismo, che ora è stranamente alleato coi più nazionalisti dei nazionalisti catalani, con un chiaro ideale suprematista verso i “poveri” spagnoli. La storia si completa con la ricerca di un capro espiatorio: “la Spagna”, o lo slogan “la Spagna ci deruba”, nel ruolo nel cattivo.

L’ultimo capitolo di questo stratagemma si è concluso il primo ottobre, con l’appello suicida al referendum sull’autodeterminazione, fatto da un politico che ha già ammesso di essere predisposto al suicidio, Carles Puigdemont, il presidente della Generalitat, nonostante fosse stato dichiarato illegale dal Tribunale costituzionale. Per capire a chi spetta l’onere della prova, è sufficiente dire che il 6/7 settembre c’è stato un colpo di stato in Catalogna, contro le istituzioni statali dall’interno, che ha ignorato la metà non nazionalista della sua rappresentazione parlamentare.

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Il governo catalano, formato da una coalizione di indipendentisti di centro-destra e di radicali di centro-sinistra della Candidatura di unità popolare, che ora guida le proteste di piazza e ostacola senza tregua qualsiasi opposizione con una strategia puramente rivoluzionaria, ha ignorato lo statuto della Catalogna, con tutte le sue disposizioni legislative, e la costituzione spagnola per approvare due leggi: una con l’obiettivo di tenere un referendum per l’autodeterminazione e l’altra per dichiarare l’indipendenza unilateralmente. Nonostante varie ordinanze giudiziarie, il governo catalano ha deciso di continuare su questo percorso suicida, fino a trovare la posizione più comoda: quella del vittimismo, delle “forze di polizia dello stato repressivo contro i cittadini democratici indifesi”, in assenza della polizia regionale, che si è convertita in polizia politica. Tutto questo per avere un’ottima scusa per dichiarare l’indipendenza della Catalogna, una scelta già fatta a priori. Il cinismo e l’irresponsabilità sono stati immensi.

L’Europa conosce già la manipolazione dei sentimenti primari e le mezze verità o complete falsità che vengono fuori durante le campagne referendarie; la Brexit è un esempio per eccellenza. Al governo di Mariano Rajoy dobbiamo rimproverare la mancanza di iniziativa e di assunzione di responsabilità, intrappolato tra il compito istituzionale di fare rispettare la legge — un dovere — e evitare il foto-finish — la violenza — come desideravano gli indipendentisti smaniosi di copertura da parte della stampa internazionale, cosa che alla fine hanno ottenuto. Non possiamo esattamente descrivere lo stile di governo di Rajoy come reattivo, ma in questo caso avrebbe dovuto esserlo, considerando lo sviluppo degli eventi.

Questi eventi non hanno precedenti nella storia europea moderna e hanno spiazzato tutti i governi europei e l’Ue, per la quale è una questione sgradita, poiché aggiunge un altro problema alla crisi d’identità che vive l’Europa da molti anni. Per non parlare del fatto che il problema potrebbe rimbalzare in altri paesi membri con forti movimenti nazionalisti. Quello che stiamo vivendo è un momento chiave, ma gestito da interlocutori sconsiderati, inadatti a ristabilire ordine e dialogo, una parola che in questi giorni è sulla bocca di tutti ma che pare impossibile a questo punto. Serve un punto di partenza diverso se vogliamo raggiungere un accordo valido (attraverso un referendum ufficiale, proposta improbabile per Rajoy in quanto incostituzionale, o attraverso un nuovo statuto con o senza riforma costituzionale, un’opzione che i sostenitori dell’indipendenza non accetterebbero, considerando le loro politiche esagerate).

Se Puigdemont dichiarerà l’indipendenza, come ha già fatto capire, Rajoy attiverà l’articolo 155 della Costituzione Spagnola, che rimuove l’autonomia della Catalogna. Ciò innescherà nuovi conflitti che nessuno avrebbe mai immaginato. Ma di fronte al suicidio verso cui Puigdemont sta conducendo la Catalogna, qual è il modo migliore per difendere lo stato di diritto e la democrazia – quella vera, quella che rappresenta tutti i cittadini – che sono i valori fondamentali dell’Europa?

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